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ARCO D’AUGUSTO

Arco d'Augusto

Simbolo della città di Fano, fu la principale porta di accesso alla città.
Edificata sul punto in cui la via Flaminia si innesta nel decumano massimo della città, la porta si inserisce armonicamente nel circuito murario, voluto dall’imperatore Augusto e completato nel 9 d.C..
Grande e luminosa nello splendore del calcare bianco, è oggi inserita in una cornice di edifici: le pietre provenienti dal coronamento ad attico, demolito dal duca di Urbino Federico da Montefeltro, furono reimpiegate nella costruzione dell’adiacente chiesa di S.Michele.

Informazioni specifiche riguardanti l’Arco d’Augusto potete trovarle nell’apposita sezione ” Le Porte”

MURA ROMANE AUGUSTEE

mura-augustee-fano Volute dall’imperatore Augusto ed eseguite seguendo una progettazione scrupolosa e razionale, si conservano ancor oggi, nella semplicità dalla pietra arenaria, per circa i due terzi del circuito originario.
Nella cortina muraria, sottratta alla demolizione negli anni venti e intervallata a spazi regolari da torri cilindriche, oltre alla ben nota Porta d’Augusto, si inserisce una deliziosa porta secondaria costituita di robusti stipiti a grossi massi, la “Porta della Mandria”, così chiamata in quanto nel passato vi pascolavano le greggi. Aveva la funzione di consentire alla Flaminia di uscire dalla città per dirigersi a nord e raggiungere Pisaurum.

AREA ARCHEOLOGICA SANT’AGOSTINO

Area Archeologica Sant'Agostino

Basilica di Vitruvio

Le impressionanti strutture murarie rinvenute sotto il convento e la chiesa di S.Agostino sono di grande suggestione ed hanno stimolato per secoli l’immaginazione e l’interesse degli studiosi che se ne sono occupati.

Quest’area fu identificata con la Basilica progettata da Vitruvio e descritta nel “De Architettura” o con quel Fanum Fortunae che diede nome alla città. I resti si articolano in un lungo muro di pietra a blocchi intervallato da finestre, piccole arcate, colonne, canaletti ed una parete con abside.

AREA ARCHEOLOGICA P.ZZA PM AMIANI

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(Da: DE SANCTIS 1998) In alcune campagne di scavi effettuate tra la fine del 1800 e i primi del 1900, in occasione della demolizione di un intero isolato cittadino (corrispondente all’attuale Piazza P.M. Amiani e la vicina ex Scuola Luigi Rossi), vennero alla luce un complesso di ruderi romani a carattere pubblico; inoltre statue, frammenti architettonici e di iscrizioni oggi conservati presso il Museo Civico di Fano. Parte dei ruderi sono ancora visitabili nei sotterranei dell’edificio scolastico. I ruderi fanno parte di un peristilio di forma quadrangolare circondato da un portico, e di un edificio compreso tra questo e gli assi viari cardo e decumano massimo (Via Arco d’Augusto e Corso Matteotti). Le colonne, realizzate in laterizio e coperte da intonaco color rosso pompeiano, erano a sezione circolare e si appoggiavano su un plinto quadrangolare in pietra.

(Da: DE SANCTIS 2007) Il complesso di tali resti, interpretati nel passato come palestra, potrebbe essere più opportunamente attribuiti ad un mercato alimentare (macellum) affiancato ad un tempio.

L’Area archeologica di Piazza Amiani è ubicata in un quadrato della città delimitato a N.E. da Via Nolfi, a S. E. da Via Arco d’Augusto, a S.O. da Corso Matteotti e a N.O. da Via XXIV Maggio, assieme ad altri edifici pubblici romani (l’Anfiteatro nell’area dell’ex Caserma Montevecchio, il Teatro nell’area presso Via De Amicis, resti sotterranei di grande edificio nell’area di S. Agostino.

Testi da “La Valle del Metauro”

MOSAICO DELLA PANTERA

Mosaico della Pantera

Rinvenuto negli anni Cinquanta tra i resti di una “domus” (abitazione privata signorile di epoca romana), situata all’incrocio di Via Montevecchio con Via Guido del Cassero, il mosaico a tessera bianche e nere, che si data al II secolo d.C., venne staccato e ricomposto nel Portico del Museo Civico dove è tuttora visibile al pubblico. Il tappeto musivo è costituito di una ricca decorazione geometrica e da un emblema centrale: in esso si rappresenta, inquadrata da tralci di vite, una pantera cavalcata da una figura da identificare probabilmente con Dioniso (Bacco, il dio del vino) o un altro personaggio del corteggio dionisiaco.

La documentazione fotografica, fatta nel corso degli scavi del 1952, testimonia nella stessa area la presenza di un ulteriore pavimento: il “Mosaico del Cavallino”.

Testi da “La Valle del Metauro”

RESTI DI DOMUS

Domus Romana Fano

Venuta alla luce sul lato meridionale di Piazza XX Settembre, il sito offre all’osservatore un esempio di abitazione privata signorile di epoca romana a Fano. Ben Riconoscibili in essa i resti di un ambiente a quattro colonne che suggerisce la presenza di un impluvium (la vasca di raccolta dell’acqua piovana).

Per Visite Guidate potete consultare la sezione contatti del sito per prenotazioni o andare sul sito www.turismofano.com (sito ufficiale del Turismo Comune di Fano)

L’ ACQUEDOTTO ROMANO

acquedottoromano-270x300L’acquedotto romano di Fano, dalle sorgenti del versante di N.O. della collina di M. Giove alla città di Fano, ha una lunghezza di circa 4 km.

La Strada dei Pozzetti, che sale da Centinarola al Prelato, deve il suo nome al fatto che alla sua sinistra, andando verso monte, sono ben visibili i pozzetti di ispezione alle gallerie dell’acquedotto romano costruito, forse, ai tempi di Cesare Augusto. L’acqua veniva captata da vene presenti in vari punti delle pendici del versante di N.O. della collina di M. Giove: essa fluiva “per caduta” o “a corda naturale” raggiungendo una piscina limaria nella zona di Centinarola. Solo dopo l’allacciamento al potabilizzatore (1991) l’acqua dell’antico acquedotto ha cessato di essere immessa in quello di Fano; in zona di Centinarola si disperde in un fosso.

Le gallerie dell’acquedotto romano, di cui esiste una pianta aggiornata, hanno le volte “a botte” o “alla cappuccina” con tegole o lastre, e sono praticabili. Si tratta di un manufatto di grande valore tecnico e storico che va difeso e conservato.

Tra le sorgenti più antiche è ancora attiva, sia pur con non grande emissione di acqua, la Fonte di Bocca Battaglia; qui nel 1909 vennero costruiti tre pozzetti e una galleria che si immetteva nell’acquedotto romano. Sul luogo c’è anche un “cisternello” per la raccolta delle acque, ovviamente di proprietà comunale. La Fontana del Ballerino, segnata nelle carte topografiche, non è più attiva; rimane solo il toponimo (la proprietà era dei Ballarini).

Testi da “La Valle del Metauro”

LE NECROPOLI

necropoliLa legge romana non consentiva le sepolture all’interno delle mura, perciò i sepolcreti erano collocati all’esterno della cinta, preferibilmente lungo le strade che uscivano dalla città.
Se è vero che notizie di rinvenimenti di tombe romane riguardano un po’ tutto il territorio della città, è altrettanto vero che esistono piùù numerosi e consistenti concentramenti sepolcrali proprio in connessione con le principali strade extraurbane.
I rinvenimenti più numerosi, effettuati in tempi diversi, sono senz’altro quelli dislocati lungo la Flaminia da ambo i lati di essa. Subito fuori le mura, tra Porta Maggiore ed il Canale Albani a destra della consolare, fu rinvenuto nel 1834 un sarcofago in pietra di epoca tardo imperiale con coperchio a doppio spiovente munito agli angoli di quattro acroteri.

Poco più avanti, appena superato il canale, nel punto in cui dalla Flaminia si stacca a destra via Fanella, nello spazio triangolare compreso tra queste due strade, è stato indagato nel 1986 un grande sepolcreto che ha restituito ben 135 sepolture ad inumazione ed incinerazione databili tra il I ed il IV sec. d.C.; nel seminterrato dell’edificio sono conservate in situ una decina di sepolture.
L’orientamento delle sepolture è in genere nord-est / sud-ovest.
Poche hanno la fossa rivestita di lastre di pietra, mentre la maggioranza è del tipo a cassa di tegole coperta in piano o alla cappuccina.
I bambini erano depossti all’interno di anfore tagliate longitudinalmente.
Si sono rinvenute iscrizioni su lastre di marmo riutilizzate per le pareti o per il fondo delle casse.
Fra i corredi recuperati figurano sia recipienti in vetro che ceramici.

Procedendo, subito dopo il Seminario Pontificio, ancora un sepolcreto, forse un recinto funerario, affiorato nel maggio 1969 in seguito a lavori di sterro.
Si rinvennero 25 sepolture tutte a inumazione anche queste orientate nord-est / sud-ovest della stessa tipologia del sepolcreto precedente.
L’area sepolcrale era delimitata lungo la Flaminia da un muro.
Numerosi gli oggetti di corredo recuperati fra cui balsamari, fiaschette, bottiglie e bicchieri in vetro, piccoli pendagli ed elementi di collana in oro, vasellame fittile da mensa, monete, una bella lapide in arenaria riutilizzata, forse di età repubblicana. Tutti i reperti di queste due necropoli, tranne quest’ultima iscrizione che è nel Museo di Fano, sono depositati presso il Museo Nazionale delle Marche di Ancona

I Testi sono a cura di Paolo D’Errico in collaborazione con Paola Bartoletti, Piergiorgio Budassi, Marco Casarini, Roberta D’Errico, Davide Fabbri, Luca Fabbri, Alessia Polidori, Luciano Poggiani, Daniele Tanoni. Alcuni di questi sono stati Rivisitati da Proloco Fano o presi da progetti di natura associativa.