Il nome stesso della località richiama alla funzione di luogo di sosta e di ristoro lungo un asse viario di importanza primaria, la Flaminia, avuto da questo piccolo centro fin dall’antichità.

Tavernelle deriva dal latino Tabernulae, che letteralmente significa “piccole taverne” e va inteso come indicazione della presenza di un edificio dove poter fare tappa, lungo il tratto della strada consolare compreso fra Forum Sempronii e Fanum Fortunae.

Anche in età medievale la località mantiene questa funzione itineraria come dimostra la continuità toponomastica, nella forma Casalis Tavernula, riportata in un documento del cosiddetto Codice Bavaro (VI-X secolo).

In occasione della costruzione della chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Immacolata, nel corso degli anni Settanta, sulla sinistra della Strada Statale per chi proviene da Roma, sono stati messi in luce i resti di strutture murarie di età romana pertinenti a un complesso interpretato come fattoria-albergo.

Si trattava di un luogo di produzione e lavorazione dei prodotti agricoli derivanti dal fundus di pertinenza che però offriva anche possibilità di alloggio e di ristoro ai viaggiatori.

Anche il rapporto topografico con la strada consolare, qui conservata per un tratto a fianco della Statale, e la disposizione degli ambienti attorno a un grande cortile porticato sembrano confermare tale funzione: in questo punto la Flaminia formava uno slargo, una sorta di piazzale pavimentato da basoli di calcare bianco; gli ambienti destinati ad accogliere i viaggiatori si trovavano lungo tre lati del cortile – quello prossimo alla strada e i due laterali – mentre sull’ala più interna, opposta alla Flaminia, vi era la pars rustica, cioè il settore spiccatamente agricolo dell’edificio, con i locali deputati a magazzino, alla lavorazione dei prodotti della terra e all’alloggio della manodopera che lavorava nel fundus. Solo una parte delle strutture messe in luce dallo scavo è ora visibile.

Tra queste di rilievo è la presenza di un piccolo sacello (tempietto) dedicato ad Attis, pastore frigio amato dalla dea Cibele (o Grande Madre) e divenuto suo sacerdote, del quale è stato recuperato una testa marmorea.

Alcuni dei materiali rinvenuti nel corso dello scavo (anfore, vasellame di vario tipo, lucerne) sono stati esposti in due vetrine collocate nel vicino salone parrocchiale “Mamma Linda”.